
La storia tecnologico-estetica dei pantaloncini da ciclismo Il capo che ha rivoluzionato l'abbigliamento sportivo: dalle corse fino alle passerelle
L’abbigliamento e gli accessori da ciclismo sono stati riscoperti come capi di moda: i prodotti venduti oggi sono frutto di una evoluzione tecnica e sportiva che ha portato nel ciclismo ad una rivoluzione dei materiali e dei componenti utilizzati durante le gare, che ritroviamo sulle passerelle di tutto il mondo.
Uno dei prodotti che ha riconquistato maggiormente l’attenzione sono i pantaloncini da ciclista, presentati in diverse collezioni e indossati da Kim Kardashian in ogni combinazione possibile. A molti è sembrato un trend insolito, ma questo capo era molto di moda negli anni ‘90, come ve ne abbiamo parlato qui.
L’aspetto stilistico, seppur sorprendente, non è minimamente comparabile all’effetto che questo capo ha avuto all’interno delle corse. Spesso si guarda ai telai sempre più leggeri, all’integrazione tra ricerca scientifica che migliora al limite la posizione dell’atleta sulla bici, ma si finisce così per ignorare troppo spesso un prodotto che, nonostante possa sembrare poco innovativo sia visivamente che tecnicamente, agisce nell’ombra come il lavoro di un gregario per il capitano. I bike shorts hanno rivoluzionato il ciclismo, diventando supporto tecnico e seconda pelle dei corridori.
Per capire la portata che ha avuto questo item nell’evoluzione ddel ciclismo, ripercorriamone la storia.
IL NERO E LA LANA
I primi pantaloncini da corsa erano in lana neri, un materiale sempre caldo, con un colore che mascherava il fatto di essere appoggiati su selle oleate per diverse ore. Nonostante il miglioramento, grazie ai rivestimenti in pelle, i capi indossati erano di gran lunga lontani da ciò che si utilizza oggi, ancora troppo scomodi e poco funzionali.
LA LYCRA E IL COLORE
La prima grande rivoluzione arriva nel 1976 quando in una sola notte, tutti i pantaloncini in lana diventano obsoleti. Il marchio svizzero Assos presenta il primo modello in lycra o meglio Elastam, fibra sintetica ed elasticizzata, costruito per il team Ti-Raleigh. Il nuovo materiale era stato inventato oltreoceano dall’americana DuPont già nel 1959 e fino ad allora veniva utilizzato nello sci e nel nuoto. L’intuizione di portarlo nel ciclismo cambierà per sempre il comfort degli atleti. Un filato leggero, morbido, flessibile e soprattutto allungabile, che consentiva al pantaloncino di adattarsi perfettamente ai muscoli, seguendone la tensione durante ogni pedalata. Se l’azienda svizzera ha avuto il merito di averlo introdotto nel ciclismo, è la genialità di Maurizio Castelli a portarlo al pubblico. A partire dal 1977 l’azienda italiana introduce tra i suoi prodotti un modello aerodinamico che manteneva le stesse caratteristiche grafiche di quelli di lana, nero con il marchio in bianco. Gli amatori crearono fin da subito code fuori dalle aziende per acquistare i nuovi modelli, confermando come il pantaloncino fosse un elemento rimasto obsoleto per troppi anni, considerata la sua importanza.
NON UN CAPO QUALSIASI
La gamba è il motore di un ciclista, e il pantaloncino è diventato negli anni un oggetto sempre più fondamentale per l’atleta. Senza trascurarne l’aspetto estetico, è ritornato sulle passerelle come capo di moda, per un gusto che combacia con l'activewear che abbiamo visto in molte collezioni durante le ultime stagioni. Già nel 1995 Lady Diana aveva anticipato la tendenza, indossandoli come capo sportivo, ma è ai giorni nostri che i bike shorts si sono elevati grazie a Kim Kardashian, Bella Hadid e Hailey Baldwin, solo alcune delle celeb che li hanno indossati. Non è stato portato in passerella da brand di sportswear ma da case di alta moda, dal gusto solo apparentemente lontano a quello del ciclismo.