Dai Giochi Olimpici alla Paris Fashion Week: la storia di Li-Ning Il brand cinese è diventato a tutti gli effetti una delle realtà più interessanti della scena fashion mondiale

Non sarà sfuggito ai più attenti osservatori di Bella Hadid: la modella statunitense si è fatta fotografare con delle sneaker Li-Ning i piedi (e precisamente un paio di White Furious Rider Ace 1.5) a due giorni dalla sfilata maschile del brand cinese che si terrà al Centre Pompidou il 18 gennaio, nel bel mezzo della settimana della moda parigina. La collezione Autunno/Inverno 2020 farà riferimento a videogiochi vintage, alle porcellane cinesi e una serie di personaggi urban, e molto probabilmente ci sarà anche una mini-capsule in collaborazione con la leggenda delle arti marziali Jackie Chan.

Dopo aver esordito nel mondo della moda con la collezione svelata sulle passerelle della Paris FW la scorsa stagione, Li-Ning è da considerarsi tra i protagonisti più attesi della Paris Fashion Week, così come lo è stato di quella milanese: sicuramente per via del debutto della collabo con Neil Barrett (con cui sono state disegnate due running sneaker, il modello Lion Dance e le Essence 2.3), ma anche per la footwear partnership con Random Identities, il brand fondato nel 2014 dal designer italiano Stefano Pilati con cui Li-Ning ha già collaborato per una collezione estiva molto colorata e ispirata ad uno degli sport tradizionali cinesi, il ping-pong.

Insieme hanno sviluppato l'Aurora 2020, la scarpa da ciclismo che riprende un modello del 2004 al quale è stato applicato un sistema a LED sulla tomaia che la rende iper futuristica. L'approdo del marchio cinese sulla scena fashion internazionale era il grande obiettivo dichiarato qualche anno fa da Li-Ning, che ha chiuso il 2019 con numeri da record nella Borsa di Hong Kong e una crescita del 200% che ha attestato il valore del marchio a oltre 6 miliardi di dollari, il migliore performer nell'indice MSCI Asia Pacific Index e il top gainer tra le aziende di abbigliamento a livello globale. 

L'avvicinamento al mercato europeo e statunitense è stato progressivo, e ha permesso a Li-Ning di costituire anno dopo anno una connessione sempre più solida, più velocemente rispetto ad altri ambiziosi brand asiatici come Yonex, UNIQLO e Anta Sports. Se in un sondaggio Hill+Knowlton Strategies del 1998 quasi nessun intervistato cinese riteneva abbastanza 'cool' i marchi del proprio Paese, oggi i brand autoctoni hanno le armi per poter provare quantomeno a competere con colossi globali come Nike e adidas. Questa crescita è avvenuta anche grazie alla capacità di 'sganciarsi' dalla somiglianza del logo a L con lo Swoosh di Nike, passando dal rebranding del 2010 che ha di fatto aumentato le certezze e l'autostima del brand rimodellandone l'identità grafica, per finire alla partnership con il brand di Stefano Pilati che ha contribuito a colmare forse definitivamente il gap che mancava a Li-Ning per diventare una realtà appetibile anche nel difficile mondo dello streetwear. D'altronde, come recita la scritta che campeggia sul sito ufficiale del brand, 'Anything is Possible'