
Gli anni di Sheva e di Lotto Come l’epoca d’oro dell'ucraino è coincisa con l’operazione di rebranding che ha permesso al marchio italiano di competere con Nike e adidas
«Un grande campione del quale possiamo vantare la primogenitura e che ha contribuito alla visibilità e al prestigio del marchio»
È con queste parole che, il 16 marzo 2006, Andrea Tomat ufficializza il divorzio tra Lotto e Andriy Shevchenko dopo sei anni in cui il brand italiano aveva accompagnato la scalata dell’attaccante ucraino ai vertici del calcio italiano ed europeo. Una settimana prima, in occasione del ritorno degli ottavi di Champions League tra Milan e Bayern Monaco, Shevchenko, autore di un gol e un assist nel 4-1 finale, aveva deciso di non indossare le sue "Sheva 7 Extreme" – con cui aveva segnato il rigore dell’1-1 all’Allianz Arena – utilizzando scarpini total black di un altro marchio debitamente coperto. Il motivo? I dolori ai tendini che l’ultima versione delle signature boots provocavano all’attaccante ucraino. Così, a tre mesi dai Mondiali in Germania e poche settimane dopo il lancio dell’avveniristica "Zhero Gravity", la prima visionaria scarpa senza lacci, Lotto decide di interrompere il rapporto con il suo atleta di punta.
La storia era iniziata nell’estate del 2000. Dopo la sua prima stagione al Milan in cui diventa capocannoniere da unbranded, Shevchenko nel 2000/2001, indossa le mitiche "Stadio" con la linguetta ripiegata verso l’esterno a coprire il nodo dei lacci e il verde brillante del logo a risaltare sul nero della tomaia. I 24 gol – due nel clamoroso 6-0 nel derby dell’11 maggio – in 34 presenze, convincono l’azienda di Trevignano a ricalibrare su di lui la strategia di rebranding: dopo che, negli anni Novanta, aveva legato il proprio nome a squadre iconiche come il Milan di Capello o la Croazia che chiude al terzo posto i Mondiali del 1998 – con Suker scarpa d’oro della manifestazione calzando le "Stadio" – Lotto decide di riposizionarsi sul mercato del nuovo millennio puntando sui singoli. E Shevchenko non può che essere il signature athlete designato, il calciatore ideale per lanciare la sfida a Nike e Ronaldo: nasce la "Sheva PU", la prima signature boot del marchio veneto, con cui l’ucraino realizza, contro la Juventus, uno dei gol più belli della storia di San Siro.
Il modello riscuote un successo immediato. Un po' per il layout futuristico, esaltato dall’accostamento tra l’argento della tomaia e il rosso di linee e finiture, un po' per la strategia comunicativa del marchio della losanga: in un’epoca in cui Nike e adidas si sfidano attraverso aggressive campagne televisive e multimediali, Lotto decide di occupare gli spazi pubblicitari di quotidiani e riviste sportive di settore. Dimenticate "The Cage Tournament" e tutto quello che ne consegue: Lotto punta sulla potenza della singola immagine, sul connubio tra tradizione e innovazione che solo la fotografia può dare, su ciò che l’istantanea di un singolo gesto tecnico può raccontare. Non c’è freestyle, non ci sono i suoni e i colori che accompagnano commercial sempre più rumorosi ed esagerati: c’è solo Shevchenko, immortalato nell’attimo in cui corre, scatta, tira e segna nei poster con il watermark Lotto che dominano nelle stanzette di Kiev e della Milano rossonera. Un messaggio immediato, diretto, senza fronzoli, che arriva dritto al cuore di tifosi e appassionati: proprio come Shevchenko in campo.
Per questo la separazione alla vigilia dei Mondiali, che Shevchenko disputa calzando Mizuno, è un punto di svolta ben più negativo di quanto sembri. Il progressivo ridimensionamento del marchio – che, negli anni successivi, riuscirà a conservare un certo leverage quasi esclusivamente grazie ai numeri impressionanti che Luca Toni manterrà nella parte finale della sua carriera – inizia in quel momento: è come se la difficoltà di trovare un nuovo Shevchenko, impedisse di proseguire su quel percorso di visionarietà e innovazione che sembrava tracciato. I testimonial si ritirano, i modelli si standardizzano, e Lotto non riesce più ad essere all’altezza della sfida lanciata da Nike e adidas, vedendosi progressivamente scalzata da PUMA, Under Armour, per un periodo anche Reebok: tutte più attente e ricettive nel comprendere come e dove e con chi il calcio stesse cambiando. Proprio come Lotto aveva affatto a inizio millennio puntando su un giovane ucraino che non aveva ancora un paio di scarpe tutte sue. Forse per questo, il 29 settembre 2015, l’account ufficiale ha twittato a Sheva in occasione del suo compleanno: un ricordo dei tempi in cui entrambi erano in cima all’Italia, all’Europa, al mondo.