
Il problema del calcio europeo con Gazprom Dalla Uefa allo Schalke 04, il gas russo grazie a sponsorizzazioni da capogiro è da più di un decennio un protagonista dei campi internazionali
L’invasione russa in Ucraina ha coinvolto inevitabilmente anche il mondo del calcio, da sempre legato da un doppio filo alla geopolitica. È notizia di oggi che la Uefa ha deciso di spostare la sede della finale di Champions League dalla Gazprom Arena di San Pietroburgo, una scelta dolorosa ma inevitabile, e che segna la terza finale spostata negli ultimi tre anni. Quella di San Pietroburgo era però una finale particolare, da giocarsi in uno stadio particolare. Sarebbe infatti stata la celebrazione del rapporto tra la Uefa e Gazprom, lo sponsor principale della competizione calcistica più importante nel continente. Una partnership che ha origini lontane, e che negli anni è cresciuta fino a diventare una fonte di oltre 40 milioni di dollari l’anno per le casse della Uefa. In cambio il logo di Gazprom è diventato una costante presenza durante le partite di Champions League, normalizzando per gli spettatori il marchio che assicura oltre il 40% delle forniture di gas in Europa.
Gazprom infatti è una società partecipata del governo russo che è responsabile dell’estrazione dei gas naturali, specialmente nel Mar Baltico, e nella sua distribuzione fuori dalla Russia. In particolare verso l’Europa Occidentale grazie a Nord Stream e Nord Stream 2, due allacci realizzati attraverso il Mar Baltico che collegano la Russia con la Germania. Un’operazione che ha richiesto vari anni e che è stata effettuata soprattutto per bypassare l’Ucraina e i dazi che imponeva al traffico di gas dalla Russia verso l’Europa. Uno dei principali artefici fu Gerhard Schröder, il cancelliere tedesco che ha preceduto l’ascesa di Angela Merkel, che dopo il suo mandato venne chiamato a dirigere il comitato degli azionisti di Gazprom.
Prima dello Schalke 04 e della Stella Rossa, Gazprom aveva già sperimentato la sua politica di sportswashing in casa, acquistando lo Zenit di San Pietroburgo e rilanciando il club nel calcio internazionale, costruendo uno stadio avveniristico e vincendo l’Europa League nel 2009. La Gazprom Arena avrebbe dovuto ospitare il prossimo 28 Maggio la finale di Champions League, in quello che sarebbe stato il coronamento del progetto di Gazprom nel calcio europeo. La finale però è stata spostata dalla Uefa allo Stade de France di Parigi, rompendo di fatto un altro contratto stipulato da Gazprom.
Premium Sponsor dal 2012, Gazprom in questi dieci anni ha versato oltre 300 milioni di dollari nelle casse della Uefa per legare il proprio logo a quello della più importante competizione continentale. Un rapporto che è poi sfociato anche nella sponsorizzazione per le partite delle nazionali FIFA in vista di Euro 2024, che si svolgerà in Germania, e soprattutto essendo stato il main sponsor degli Europei 2018 giocati in Russia. Ora questo legame imbarazza non poco i vertici della Uefa, che hanno immediatamente dovuto cambiare la sede della finale di Champions League e che a breve dovranno decidere anche sulla sponsorizzazione che li lega all’industria russa. I deputati dell’Unione Europea hanno infatti scritto al presidente della Uefa Aleksander Čeferin per chiedere di «porre fine alla cooperazione con Gazprom».
Gazprom infatti non è semplicemente leader incontrastato del settore energetico russo, ma una diretta emanazione del Governo del Cremlino. La maggior parte delle quote societarie infatti appartiene ad un dipartimento del ministero dell’economia russo, che usa il gas per modificare i rapporti di forza geopolitici. Anche i nomi chiave di Gazprom sono uniti a doppio filo al governo russo: Alexey Miller, il CEO di lungo corso dell’azienda, è stato anche vice ministro dell’energia mentre Dimitry Medvedev, unico Presidente federale oltre a Putin in questo millennio oltre che proprietario dello Zenit San Pietroburgo, è da sempre ai vertici di Gazprom. Non si esagera quindi definire la società, che secondo Fortune ha un fatturato di circa 130 miliardi di dollari annui, l’arma di sportwashing del governo russo.
Una strategia che ha funzionato con grande efficienza nell’ultimo decennio, arrivando su tutti i principali stadi europei attraverso sponsor sulle maglie, cartelloni a bordo campo e spot pubblicitari. Ora i vertici del calcio dovranno decidere se rimanere associati a tale sponsor pur di non rinunciare alle importanti entrate economiche o dissociarsi pubblicamente, affrancandosi dal rapporto con il Cremlino e trovare altre sovvenzioni pubblicitarie meno compromettenti.