
Storia dei dreadlock nel calcio Da Gullit a Camavinga, a volte un taglio di capelli definisce una personalità
Il campo per un calciatore è un luogo come un altro dove poter esprimere la propria personalità. Forse non è più lo spazio principale, sostituito ora dai social, ma resta comunque l’opzione migliore per far circolare la propria immagine in tutto il mondo senza faticare molto. E in questo senso la cura del look resta una parte integrante nella preparazione di una partita: c’è chi non bada troppo alle apparenze e chi invece ci tiene eccome, con un'attenzione particolare alla propria capigliatura. In questo senso il calcio non è esattamente lo sport a cui associamo immediatamente l’immagine dei dreadlock eppure la storia di questo sport ci ha offerto diversi esempi, ognuno dei quali racconta una storia differente.
Ruud Gullit - Il pioniere
Torniamo al nostro punto di partenza. Alla voglia di sentirsi cool, di andare oltre il calcio ed esprimere la propria personalità anche attraverso la propria capigliatura. Il volto di questa corrente è senza dubbio Rafael Leao con quei fini dreadlock che ondeggiano insieme a lui ogni volta che parte in velocità a campo aperto.
L’attaccante del Milan non è l’unico esempio. Edoardo Camavinga sposa perfettamente i suoi dread all’iconica camiseta blanca del Real Madrid, lo stesso accade al Barcellona con Jules Koundé e al Manchester City con Nathan Aké. In Serie A ci sono Zambo Anguissa e Moise Kean. In Bundesliga c’è Kevin Mbabu. Tutte rivisitazioni in chiave moderna di una delle capigliature più antiche della storia e che ci restituiscono una morale. Che sia per moda o per omaggio alle proprie origini poco importa, i dreadlock sono tornati protagonisti nel calcio.